Descrizione
«Lavoro: cambia tutto.» Quante volte lo abbiamo sentito dire sulla scia delle grandi trasformazioni che hanno investito il mondo produttivo. Eppure in Italia le dinamiche del rapporto lavorativo restano ancorate a vecchi concetti padronali, anche quando non di padroni/proprietari si parla ma di capi, capetti, manager e direttori delle risorse umane, che della mentalità e dei comportamenti padronali hanno preso tutto il peggio. E contro di loro che Marco Bentivogli si scaglia in questo libro, un libro che è un grido di rabbia: rabbia contro i «padroni» mediocri, rabbia per un Paese con molti capitali e pochi capitalisti, dove la ricchezza si eredita e il «capitalismo relazionale» fa sì che nelle aziende vengano cooptati i fedelissimi e gli amici degli amici che hanno frequentato le stesse scuole e gli stessi circoli. E questo non vale solo per il mondo delle imprese private: vale anche per quelle pubbliche, per la politica, il sindacato, le associazioni, la pubblica amministrazione… Questo però non è un libro per «difendersi» dai padroni. E il manifesto di una frustata culturale a una grande finzione: bisogna al più presto licenziare questa moderna cultura aziendale che di moderno ha solo le etichette. Qui troverete una denuncia senza mezzi termini dell’«abuso d’ufficio» che permea il nostro terziario e un’accusa ai capi «cane pastore» con l’ossessione del controllo, un controllo che serve solo a nutrire il narcisismo di chi lo esercita, ma che soffoca la produttività e insieme il «BenVivere» (meglio del benessere) delle persone. Troverete anche una riflessione sul senso del lavoro, sulla sua dimensione comunitaria – e dunque sulla necessità di inglobare all’interno di esso la «cura» (per se stessi e per gli altri) -, sulla responsabilità sociale dell’impresa e sulle sue concrete applicazioni. E infine uno sguardo sul futuro, che è già presente, in cui saper riconoscere oltre ai rischi anche le opportunità dell’intelligenza artificiale, che potrà aiutarci a potenziare ciò che nel lavoro costituisce la nostra prerogativa essenziale: la nostra umanità.